





Sappiamo tutti che Gabriele D’Annunzio è stato uno degli autori più importanti del secolo scorso. In quanti sanno, invece, che il Vate era un vero e proprio gourmand?
In Vita segreta di Gabriele D’Annunzio Tom Antongini racconta che il poeta “attendeva sempre l’ora dei pasti con vera gioia, e diventava d’umore intrattabile se non era prontamente servito.” Autentico buongustaio, il Vate prediligeva i sapori dolci: non aveva mai dimenticato i dolciumi della sua infanzia a Pescara e in particolare il “parrozzo”, uno speciale pane dolce per il quale si divertì a coniare uno slogan in dialetto abruzzese “E’ tanto bono stu parrozzu novo che pare una follia di San Ciatté” (San Cetteo era il santo protettore di Pescara, la sua città natale n.d.r.).
Se volete saperne di più sulla vena gourmet dannunziana, abbiamo raccolto per voi alcune curiosità:
Un goloso paninetto
D’Annunzio è da considerarsi l’inventore del termine “tramezzino”, che battezzò così perché la forma del sandwich che aveva ordinato in un caffè di Torino gli aveva ricordato le «tramezze» della sua casa di campagna.
Il cibo è sacro
I suoi ospiti affermavano che a tavola aveva il contegno di un sacerdote dinanzi all’altare. Quando dava una cena non lasciava mai niente al caso: si ritirava prima a meditare e poi elaborava raffinati menù che mandava alla cuoca Albina, detta «Suor Intingola», sotto forma di “pizzini”. Per le donne che corteggiava creava complesse salse afrodisiache e talvolta si metteva addirittura ai fornelli!
Ispirato dal gusto
Se le portate lo soddisfacevano particolarmente, capitava che durante il pasto al ristorante appuntasse su foglietti di carta alcuni pensieri, idee e sensazioni, perché – come sosteneva – la finezza dei cibi aiuta l’armonia mentale.
Dolci tentazioni
Era di gusti semplici: adorava la frutta, soprattutto le mele, sia cotte che crude, che mangiava in gran quantità. Gli piacevano inoltre il riso, la carne alla griglia quasi cruda e ogni sorta di pesci. Ma, soprattutto, non riusciva a resistere ai dolciumi: impazziva letteralmente per le mandorle tostate, i marrons glacés e la cioccolata (che riteneva un eccellente corroborante per gli incontri di letto). Per i gelati aveva una vera e propria mania e poteva arrivare a mangiarne fino a dieci di seguito!
Un palato delicato
Buongustaio ma schifiltosissimo, poteva perdere l’appetito per un nonnulla. Un suo camerata di reggimento aveva imparato ad approfittarsene: quando mangiavano insieme, se un piatto gli piaceva particolarmente, si ficcava in bocca una mosca e fingeva di mangiarla, così che il povero D’Annunzio fuggiva inorridito lasciando la propria porzione all’astuto commilitone.
Vino ma non troppo
A causa della sua passione per l’acqua, di cui proclamava le innumerevoli virtù (sulle pareti del suo bagno al Vittoriale spiccava ripetuto cento volte nei fregi “Ottima è l’acqua”), il Vate veniva considerato da alcuni un astemio. Fu il periodo trascorso in Francia nelle vicinanze di Bordeaux – città “vinosa” – a convertirlo ai piaceri d’annata, quando alcuni celebri viticoltori della regione lo convinsero dei vantaggi che un bicchiere di vino avrebbe potuto offrire alla sua salute.
Naufragio nel Sauternes
Giacomo Puccini avrebbe voluto collaborare con il Vate e si recò fino in Francia per convincerlo. Nel corso di una raffinatissima cena a Bordeaux, però, la conversazione passò automaticamente dall’arte musicale a quella culinaria (anche Puccini era un vero gourmand) e l’ipotesi di una collaborazioni svanì nel nulla.
Photo Credit: Giovanni Vanoglio





